Tingere colorare i tessuti


Tingere e colorare i Tessuti

natura cerca di divenire parte integrante della natura stessa nutrendosi di essa, riempendo le proprie case di piante ed animali ed usando tessuti “naturali” con tutti i colori dell’arcobaleno.Il “tingere-colorare” in modo naturale è un’arte antichissima nata con la capacità stessa di straformare le fibre naturali in tessuti ed indumenti. L’umano, per sua Foglie, bacche, cortecce, radici, spezie, frutta, fiori, terra e rocce macinate finemente sono gli ingredienti http://i54.tinypic.com/2ij6wco.jpgnaturali che si possono utilizzare per colorare abiti e tessuti. Questa non è solamente creatività casalinga ma un vero viaggio a ritroso alle origini della nostra civiltà ed umanità.

La Nostra esperienza in Sardegna!!!             Dott.ssa Silvia Nogarol – Erboristeria di Ceneda, responsabile scientifico del Centro ricerca Piante Officinali Veneto
Nel periodo che ho trascorso in Sardegna (tirocinio
produzione e distillazione dell’Elicriso), sono venuta a conoscenza di un corso di tinture botaniche che si sarebbe tenuto a Santa Teresa di Gallura. Incuriosita, ho deciso di partecipare, in un primo momento solo per approfondire la
mia specializzazione sul riconoscimento delle piante spontanee, poi perché sapevo che c’erano delle piante tintorie, ma non avevo mai avuto la possibilità di studiarle e utilizzarle. Dopo la prima mezza giornata di raccolta delle piante, ho capito che avevo molto di più da scoprire di quello che mi ero immaginata e che la pratica tintoria, oltre ad essere molto antica, è anche un’attività molto interessante per chi ama la natura e permette di capire quanto e cosa possiamo fare grazie alle piante, nella loro perfezione naturale. Inoltre ho potuto anche scoprire i tessuti che vengono utilizzati e come sceglierli perché i colori si fissino meglio su di essi. E’ un’esperienza che condivido perché tutti, almeno una volta, dovrebbero provare a tingere in casa, si scoprono cose incredibili e come, con poco, il risultato sia soddisfacente. Imparare dalla natura e da quello che ci dà, ci permette di utilizzarla nel modo migliore, per vivere meglio e rispettandola.
          
Corso di tintura botanica a Santa Teresa di Gallura                                                          Nel corso del tirocinio, ho seguito, in collegamento con l’Azienda, un corso di tintura botanica con piante spontanee della flora sarda, svoltosi in tre giornate, tenuto da un insegnante didattico di arte tintoria vegetale della Regione Sardegna.
L’attività si è svolta presso un laboratorio artigianale attrezzato con apposita strumentazione scientifica.
Nella prima fase di lavoro era prevista un’escursione botanica, in cui abbiamo classificato e successivamente raccolto, secondo delle modalità atte al loro rispetto, le piante
a maggior pregio cromatico e analizzato le loro proprietà botaniche e tintorie.
In seguito abbiamo provveduto alla preparazione dei vegetali e  delle fibre tessili. I vegetali raccolti sono stati tagliati a taglio tisana, che facilita l’estrazione del pigmento tintorio, e messi a macerare per 12 ore in acqua fredda . La pianta deve essere sommersa dall’acqua (indicativamente l’acqua è 5 volte tanto il peso della pianta).
I tipi di tessuti che abbiamo tinto erano per lo più fibre animali (lana, seta), poiché risultano più resistenti rispetto alle fibre sintetiche; mentre le fibre vegetali (cotone, lino, juta) necessitano di un sistema tintorio più laborioso. La lana sarda, in particolar modo, riflette meglio il colore .
Mentre il vegetale è rimasto a macerare abbiamo preparato la mordenzatura (sciolto il mordente nell’acqua a 50°C). Questa è una fase molto importante, che permette al
pigmento di fissarsi sulla fibra . Il mordente è un legante,e può essere un semplice sale marino, metallico (ad esempio solfato di ferro, che fa virare anche il colore), allume di potassio (garantisce la stabilità del colore) oppure cremor tartaro (usato con l’allume di potassio:20% di allume e 6.5% di cremor tartaro, ammorbidisce il filato, ma fa variare il colore). La quantità di mordente è decisa in base a quello che dobbiamo tingere (ad esempio nel nostro caso, con 827 g di lana e seta, asciutti, sono serviti 215 g di mordente, ovvero il 26% del peso rispetto al peso del filato asciutto). Prima di essere mordenzata, la lana (preparata in matassine da 40g per 80g di pianta) e la seta sono state messe a bagno .
http://nepenthe-farm.com/images/576_image004.jpg dell’acqua). Terminata l’estrazione, si fa riposare il bagno acqua/vegetale finchè l’acqua è fredda, si filtra la soluzione per separare la parte organica dal bagno di colore (soluzione ricca di pigmenti tintori) .             Lana e seta, risciacquate dal sale, sono state messe nel bagno di colore e fatte bollire per un’ora, per favorire la tintura. Dopo che il bagno si è intiepidito, la lana viene tolta, lavata con sapone neutro e acqua fresca, per togliere il colore in eccesso e infine stesa al riparo dal sole, possibilmente in luogo fresco .
Passate le 12 ore di macerazione, il vegetale si fa bollire per un’ora, per estrarre i pigmenti tintori (per accelerare l’estrazione si può aumentare leggermente la temperatura
 E’ importante ricordare che per ogni pianta c’è un tempo tintorio diverso e che ogni colore ha un codice e ogni codice corrisponde a una ricetta tintoria, che spesso differisce da paese a paese, per usi e costumi diversi e per diversa disponibilità di piante tintorie nei diversi territori.
 Alla fine del corso è stato realizzato un quaderno botaico di tintura, in cui sono stati inseriti i campinoni delle piante e i campioni della lana e della seta corrispondenti.  

La  Mordenzatura                                                   
La mordenzatura consiste  in un trattamento  delle fibre con sostanze,  chiamate  mordenti, che hanno la funzione di facilitare la fissazione del colore, ma che possono essere  sfruttate anche  per modificare la colorazione impartita dal colorante. Dal punto di vista operativo, la mordenzatura si realizza mediante  una bollitura del materiale tessile in acqua  in cui sono stati sciolti i mordenti.  Può essere  fatta prima o durante  il processo  di tintura (si parla in quest’ultimo caso di tintura a bagno unico), in modo diverso a seconda del tipo di fibra, animale o vegetale. Le fibre vegetali, infatti, necessitano di un trattamento  mordenzante più laborioso e intenso, con diversi passaggi e mordenti, in quanto sono meno affini ai coloranti naturali rispetto alle fibre animali. Le sostanze
utilizzate durante questa  fase possono  essere  sia naturali che sintetiche  (queste ultime sono attualmente le più sfruttate  per la loro economicità). Un mordente  molto utilizzato è l’allume di potassio  (noto anche come  allume di rocca) e talvolta, per conferire particolari e differenti tonalità alle fibre, si possono usare i sali di ferro o di rame. Tra i mordenti naturali rientrano i tannini: con tale termine si indica un vasto gruppo di molecole di origine vegetale, caratterizzate dalla presenza di vari gruppi fenolici. I tannini vengono utilizzati industrialmente sotto forma di estratti grezzi ottenuti a partire dai materiali vegetali che ne sono ricchi, tramite estrazione con acqua  a caldo e concentrando poi adeguatamente le soluzioni acquose così ottenute. Oltre all’impiego come mordenti, i tannini sono usati anche  come coloranti veri e propri delle fibre tessili e nella concia delle pelli con il metodo detto, appunto,  al tannino.


I COLORI DELLA NATURA  

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Reseda luteola
Le piante coloranti hanno avuto una immensa importanza nella storia economica e politica, negli scambi culturali, nelle arti e nello sviluppo delle scienze e delle tecniche. Alcuni vegetali, i più noti per le loro proprietà coloranti, sono stati
coltivati e commerciati, divenendo agenti economici importanti ed influendo in maniera determinante sullo sviluppo d’intere regioni. Ne sono tra l’altro testimonianza i recenti studi di etnobotanica e le esperienze sul campo realizzati dall’Associazione Tintura Naturale “Maria Elda Salice” su alcuni ambienti del territorio nazionale.
I coloranti vegetali più solidi e maggiormente usati nel tempo nei diversi paesi del mondo sono stati quelli estratti da: Rubia tinctorum L. (robbia domestica), Reseda luteola L. (reseda biondella), Haematoxylum campechianum L. (campeggio), Caesalpinia brasiliensis L. (legno rosso del Brasile), Alnus glutinosa (L.) Gaertn. (ontano comune).

Alnus glutinosa
Nell’elaborazione dei coloranti vegetali, che va dall’estrazione fino all’impiego su un supporto (carta, tessuto, legno, argilla, cuoio), sono utilizzati procedimenti di lavorazione diversi a seconda si tratti di estrarli da fiori, bacche, radici, cortecce, foglie, e leganti specifici dipendenti dal materiale su cui va applicata la tinta. Quasi tutti i coloranti richiedono un trattamento del supporto che permetta loro di penetrare nella sua struttura molecolare e di aderirvi in modo stabile. 
Nei tessili il trattamento consiste nella bollitura in acqua tra 70°C e 90°C, con aggiunta di sali metallici e prende il nome di mordenzatura. L’estrazione dei pigmenti avviene nella maggior parte dei vegetali per macerazione e decozione in acqua. Il materiale mordenzato è immerso nel bagno di colore, contenente i principi coloranti precedentemente estratti, e quindi tinto con tempi e temperature idonei e specifici a seconda dei diversi pigmenti.

La tonalità e la brillantezza dei colori ottenuti dalle piante sono caratteristiche della singola specie, ma variano all’interno dello stesso colore per piante diverse. Ad esempio il tipo di rosso del legno del Brasile, non è mai uguale a quello ottenuto dalla radice di robbia, o a quello prodotto da un lichene come Roccella tinctoria auct. non DC. I pigmenti sono presenti nei tessuti vegetali all’interno di plastidi e vacuoli sotto forma associata di sostanze di natura chimica diversa come flavonoidi, carotenoidi, antociani, ed indigoidi.

In base alle colorazioni da esse ottenibili, le piante coloranti più note e diffuse possono essere così elencate:

    Anthemis tinctoria L.
  • ROSSI – Rubia tinctorumL. (robbia domestica), Caesalpinia brasiliensisL. (legno rosso del Brasile), Roccella tinctoria auct. non DC. (oricello), Bixa orellanaL. (annatto), Dracena dracoL. (sangue di Drago), Carthamus tinctoriusL. (zafferanone coltivato);
  • GIALLI – Reseda luteola L. (reseda biondella),
    Genista tinctoria L. (ginestra minore), (camomilla per tintori), Crocus sativus L. (zafferano vero), Curcuma longa L. (curcuma), Berberis vulgaris L. (crespino comune);
  • BLU – Indigofera tinctoriaL. (indaco), Isatis tinctoriaL. (guado), Polygonum tinctoriumAit. (poligono tintorio);
  • VIOLA – Haematoxylum campechianum L. (campeggio), Vaccinium myrtillus L. (mirtillo nero), Papaver rhoeas L. (papavero comune);
  • MARRONE – Lawsonia inermisL. (henné), Juglans regiaL. (noce comune), Acacia cathecu(L.f.) Willd. (catecù), Alnus glutinosa(L.) Gaertn. (ontano comune), Salix purpureaL. (salice rosso);
  • VERDI – Calicotome villosa (Poiret) Link. (sparzio villoso), Cytisus scoparius (L.) Link. (ginestra dei carbonai), Lavandula stoechas L. (lavanda selvatica), Iris pseudacorus L. (giaggiolo acquatico).
gli aspetti qualitativi della vita (alimentazione biologica, bioarchitettura) ha stimolato un forte interesse per i coloranti naturali, si sono così sviluppati importanti progetti colturali e produttivi di alcune specie tintorie tradizionali come la robbia, il guado e la reseda biondella. In questa prospettiva gli orti botanici si potranno proporre come nuovi interessanti luoghi di sperimentazione e di recupero della cultura tradizionale e storica della tintura naturale, integrata dalle più recenti conoscenze biologiche.Fino a poco più di un secolo fa i colori erano esclusivamente di origine naturale, poi con la messa a punto dei colori di sintesi, il cui uso si diffuse rapidamente nei paesi in via di industrializzazione, la pratica della tintura naturale è stata sempre più limitata ad ambiti particolari (artigianato artistico, e tessile, colorantiRisultati immagini per TINTURA VEGETALE alimentari). Negli ultimi decenni la maggior attenzione per
Il colore è da sempre un’arte della memoria, che differisce da una società all’altra e si trasforma nel tempo. Il colore è l’organigramma della vita sociale, ed è ciò che serve a classificare ad associare, a opporre, a designare, ma è anche ciò che serve a sognare.

|||| Anthemis tinctoria L. – Camomilla per tintori

anatolici Il fiore giallo della camomilla per tintori, ricco di pigmenti appartenenti al gruppo dei flavonoidi, preannuncia la colorazione giallo dorata che se ne ottiene. Questa tinta è particolarmente brillante e molto solida, come la si può ammirare largamente impiegata sugli antichi tappeti. Apprezzata e diffusamente coltivata anche in America del Nord e Gran Bretagna, questa pianta è stata poco utilizzata per la tintura dei tessili nel resto d’Europa, probabilmente per la presenza d’altri vegetali da cui ricavare gialli di pregio, quali Reseda luteola L. e Serratula tinctoria L.

|||| Genista tinctoria L. – Ginestra minore

I rami giovani ed i fiori di Genista tinctoria L., pianta diffusa in tutta Europa nei boschi di querce, castagno e pino, forniscono una vivace e solida colorazione giallo pulcino ai tessuti, dovuta alla presenza di pigmenti del gruppo dei flavonoidi. La ginestra minore è stata largamente impiegata, soprattutto in Francia, nella colorazione di lana, seta e cotone sin dal Medioevo. La pianta viene usata anche per tingere in verde, grazie a bagni di rimonta con Isatis tinctoria L. (guado) su piede di ginestra. Ne sono testimonianza il suo nome volgare inglese “dyer’s greenweed” (erba-verde dei tintori), come pure i luminosi e solidi verdi dell’arazzo di Bayeux, uno fra i tessili medievali meglio conservati d’Europa.

||||  Isatis tinctoria L. – Guado, glasto comune

Risultati immagini per ISATIS TINCTORIA
ISATIS TINCTORIA
Reperti di tessuti di lino e canapa colorati di blu e risalenti al Neolitico documentano l’antico uso del guado dal Mar Nero all’Europa, all’India, all’Africa del Nord. Plinio riporta che gli antichi Britanni, con l’intenzione di incutere terrore ai nemici, usavano questa pianta per dipingere i loro corpi. Conosciuta ed apprezzata come pianta medicinale (astringente) e tintoria già nell’antica Roma, Isatis tinctoria L. ebbe la sua massima diffusione nel Medioevo. Fu coltivata nel tempo in molte regioni italiane, successivamente abbandonata con l’importazione dell’indaco indiano (Indigofera tinctoria L.), di maggior resa tintoria. La sua coltivazione è stata oggi ripresa e valorizzata sia in Francia che in Italia con ottimi risultati. 
ottiene una colorazione gialla verdastra; la soluzione, agitata ed ossidata, fa precipitare i fiocchi d’indaco (indigotina) di colore blu.
La colorazione, molto solida ed insolubile in acqua, ha un vasto campo d’applicazione principalmente in campo tessile per lana, seta, cotone, lino e yuta, ma anche per vernici, colori per uso pittorico, cosmetica.
Le foglie vengono utilizzate per l’estrazione dell’indaco, termine che probabilmente deriva da indicum e si riferisce al paese d’origine, l’India. Attraverso processi di macerazione e fermentazione in acqua, si

|||| Rubia tinctorum L. – Robbia domestica

fez ed il colore prese il nome di Rosso Turco. In Francia nel XIX secolo tinse i pantaloni rossi delle uniformi dei soldati. Il largo uso di questa pianta fece sì che se ne selezionarono numerose varietà ma la migliore restò quella italiana. La fortuna della robbia si interruppe nel 1868 quando due ricercatori tedeschi Groebe e Liebermann scoprirono la sintesi chimica del pigmento.
La radice della pianta, ricca di alizarina, serve ancora oggi per usi locali d’artigianato asiatico ed africano e per la produzione di lacche e coloranti vegetali.
Questa specie asiatica fu coltivata sin dai tempi antichi per essere utilizzata nella concia delle pelli e per colorare i tessuti. L’etimologia del nome dal latino ruber ricorda il caldo colore rosso che se ne ottiene. In Gallia era uso mescolare la robbia domestica con il guado (Isatis tinctoria L.) con il risultato di ottenere un originale colore violetto. In Turchia veniva utilizzata per la tintura dei tipici

|||| Serratula tinctoria L. ssp. tinctoria – Cerretta comune

Serratula tinctoria L.

La cerretta comune, pianta polimorfa con lamina fogliare di tipo diverso, è molto diffusa allo stato selvatico in ambienti boscosi di prati e paludi, in numerosi paesi dei diversi continenti, fra cui l’Italia centro-settentrionale. Nel territorio triestino è presente solo la ssp. tinctoria.
Spesso Serratula tinctoria L. è coltivata proprio a scopo tintorio poiché tutta la pianta, raccolta prima della fioritura, offre un pregiato colorante giallo solido, grazie alla presenza nel vegetale di pigmenti appartenenti al gruppo dei flavonoidi. L’utilizzo è prevalentemente tessile con preferenza per filati di lana, lino e cotone.
(sezione piante tintorie Museo Civico di Trieste)


CENTRO RICERCA PIANTE OFFICINALI VENETO
Vittorio Alberti Naturopata
Dott.ssa Silvia Nogarol Naturopata 

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